Concordato preventivo: Giudizio di omologazione; Art. 186bis L.F.; Obblighi informativi; Disclosure; D.lgs. n. 123/1998, art. 9, co V; Natura privilegiata del credito restitutorio; Fatti addebitabili all’impresa; Crediti prededucibili.

Corte d’Appello di Venezia, Sez. I, Ord. 22 agosto 2020. Presidente: TAGLIALATELA. Relatore: RIZZIERI.

 

I. In tema di omologazione del concordato preventivo ex artt. 160 e ss. L.F., la Società debitrice ha il dovere legale di rendere noti ai creditori tutti i fatti che possono incidere sulle relative determinazioni di voto. Infatti, in considerazione degli effetti del concordato – tra cui il beneficio della parziale esdebitazione del debitore – la disclosure deve essere compiuta in modo chiaro ed esaustivo, ponendo i creditori a conoscenza di tutti i fatti rilevanti che possono influire sulla decisione di approvazione della proposta di concordato. A tal fine, tanto il Ricorso presentato dalla Società debitrice, quanto la Relazione attestante la veridicità dei dati aziendali, ai sensi dell’art. 161, co. III, L.F., devono contenere un’esposizione il più possibile completa delle vicende della società, delle cause del dissesto e della condotta degli amministratori, senza che il debitore possa selezionare i fatti da comunicare e sostituirsi ai creditori nella valutazione circa la loro rilevanza. [Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Venezia ritiene che il Ricorso presentato dalla Società ricorrente (e resistente nel giudizio di Appello) non conteneva una puntuale esposizione di tali fatti; in particolare non venivano considerati – tra gli altri elementi – la natura postergata e l’esatta consistenza dei finanziamenti rimborsati dalla Società debitrice alla Società controllante; l’appropriazione delle somme di denaro di una Società di factoring ed il loro impiego; la distribuzione di riserve malgrado la situazione di crisi finanziaria; il riconoscimento agli amministratori della Società ricorrenti di ingenti compensi nel periodo di crisi; le false informazioni fornite ai titolari di determinate obbligazioni. Pertanto, conclude la Corte d’Appello, non è stata garantita nel caso de quo la corretta formazione del consenso dei creditori ed il Tribunale di Treviso, anziché omologare il concordato, avrebbe dovuto rilevare la violazione del principio in base al quale la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria deve essere improntato alla più consapevole ed adeguata informazione]. (Redazione) (Riproduzione Riservata).

 

II. In tema di omologazione del concordato preventivo ex artt. 160 e ss. L.F., l’attestatore ed i commissari devono svolgere una seria indagine circa gli scenari alternativi al concordato al fine di assicurare che la proposta dello stesso corrisponda al migliore interesse dei creditori. Infatti, ai sensi dell’art. 186bis, co. II, lett. b), L.F., la Relazione del professionista di cui all’art. 161, comma III, L.F. deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. [La Corte d’Appello ritiene che nel caso in oggetto non vi sia stata da parte dell’attestatore e dei commissari una seria indagine degli scenari alternativi al proposto concordato, bensì un’adesione acritica alle prospettazioni della ricorrente. A questo proposito, la Corte ritiene che il finanziamento ricevuto dalla Società debitrice da parte di altra Società è precario e non apporta nuova finanza giuridicamente utilizzabile per pagare i creditori concorsuali. Non è stato neppure dimostrato dalla Società debitrice che il ramo d’azienda ceduto dalla stessa non sarebbe stato venduto al medesimo prezzo attraverso la procedura di amministrazione straordinaria o a seguito della dichiarazione di fallimento della stessa. Infine, i commissari non hanno motivato le ragioni per cui non sarebbero state utilmente esperibili – in caso di fallimento od amministrazione straordinaria – le azioni revocatorie e di responsabilità nei confronti degli amministratori, soprattutto in considerazione della circostanza per cui la valutazione compiuta sull’assenza dei presupposti per la postergazione dei crediti della società controllante è sostanzialmente errata, oltre che contradditoria con l’analisi, compiuta dagli stessi, sui tempi di insorgenza della crisi finanziaria della Società debitrice]. (Redazione) (Riproduzione Riservata).

 

III. Il Tribunale, in sede di giudizio di omologazione, non può astenersi dall’operare un controllo circa il corretto inserimento dei creditori nelle rispettive classi (o tra i creditori privilegiati, oppure prededucibili), trattandosi di questione che non è rimessa alla discrezionalità del debitore e che attiene alla regolarità della procedura. Pertanto – fermo restando che ogni controversia circa la consistenza del credito e la sussistenza del privilegio deve essere risolta dal giudice ordinario – il Tribunale deve vagliare incidentalmente se la doglianza eventualmente sollevata dalla società creditrice sia fondata e ciò al fine di stabilire se la procedura abbia avuto un corretto svolgimento e se la proposta ed il piano siano fattibili. (Redazione) (Riproduzione Riservata).

 

IV. Deve escludersi la prededucibilità del credito derivante da inadempimento di un contratto di cessione di crediti in cui la società cedente assume mandato di incassare le somme riscosse per conto della società cessionaria. Infatti, in tale ipotesi deve escludersi l’applicabilità dell’art. 103, comma 2, L.F. e degli artt. 1706 e 1707 c.c., dal momento che il denaro non ha natura di cosa mobile rivendicabile ai sensi delle predette norme, ma ha natura fungibile. Pertanto, le somme riscosse dalla società cedente – e non versate alla società cessionaria – si confonderebbero con il denaro della medesima, con la conseguenza che in capo alla società cessionaria può sorgere esclusivamente un debito restitutorio, non avente natura prededucibile. (Redazione) (Riproduzione Riservata).