Azione di responsabilità contro gli amministratori - Perdita del capitale sociale – Normativa emergenziale

Art. 2476 c.c. – Art. 2484 c.c. – Art. 2485 c.c. – Art. 2486 c.c. – Art. 6 d.l. 23/2020

Trib. Venezia, sez. spec., sent. 20 febbraio 2025, n. 910 – Pres. Rel. L. Tosi

 

Nell'ipotesi di perdita del capitale e sua riduzione al di sotto del minimo di legge, lo scioglimento della società si produce automaticamente e immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o della trasformazione regressiva della società. In conseguenza del verificarsi di tale causa legale di scioglimento sorge a carico degli amministratori di società di capitali l'obbligo, imposto dall'art. 2485, primo comma, c.c., di accertare “senza indugio” il verificarsi della causa di scioglimento ex lege della società e di rendere questa opponibile ai terzi mediante l'iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione di accertamento della causa stessa (art. 2484, terzo comma, c.c.); con conseguente insorgere, in caso di ritardo o di omissione, di personale responsabilità risarcitoria per i danni subiti dalla società, dai creditori sociali e dai terzi. (Redazione – Riproduzione riservata)

 

L'azione spettante al terzo creditore per il compimento da parte degli amministratori di nuove operazioni dopo la verificazione di un fatto che determina lo scioglimento della società si distingue, per la diversità della causa petendi e del petitum, sia dall'azione sociale di responsabilità sia dall'azione dei creditori sociali prevista: se, infatti, la violazione del divieto di compiere nuove operazioni, oltre a dar luogo a responsabilità diretta degli amministratori verso il terzo, può integrare il presupposto tanto dell'azione sociale di responsabilità (per violazione dei doveri imposti dalla legge) quanto dell'azione di responsabilità dei creditori sociali (per inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale), qualora ad agire contro gli amministratori della società legalmente disciolta non sono, genericamente, i creditori della società, ma precisamente i creditori per le operazioni nuove compiute dopo lo scioglimento, essi vantano nei confronti degli amministratori un titolo diretto (giustificato dalla non riferibilità allo scopo sociale degli atti, compiuti dalla società ormai disciolta). (Redazione – Riproduzione riservata)

 

Colui che agisce in giudizio con l'azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una società di capitali che abbiano compiuto, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, attività gestoria non avente finalità meramente conservativa del patrimonio sociale, ai sensi dell'art. 2486 c.c., ha l'onere di allegare e provare l'esistenza dei fatti costitutivi della domanda e, quindi, la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento della società e il successivo compimento di atti negoziali da parte degli amministratori, ma non è tenuto a dimostrare che tali atti siano anche espressione della normale attività d'impresa e non abbiano una finalità liquidatoria; spetta, infatti, agli amministratori convenuti dimostrare che tali atti, benché effettuati in epoca successiva al verificarsi della causa di scioglimento, non comportino un nuovo rischio d'impresa, come tale idoneo a pregiudicare il diritto dei creditori e dei soci, e siano giustificati dalla finalità liquidatoria o comunque risultino necessari. (Redazione – Riproduzione riservata)

 

L'art. 6 del d.l. n. 23/2020 introduce, per le perdite emerse nell’esercizio 2020 una causa di esclusione dello scioglimento per discesa del capitale sotto il minimo legale, e, quindi, una causa di esclusione degli obblighi e responsabilità degli amministratori, che altrimenti deriverebbero dall’emergere della perdita; ivi inclusi gli obblighi di gestione meramente conservativa. La sostanza della disciplina è di sostenere l’imprenditore che comunque, trovatosi con perdite nel 2020, non avrebbe in quell’anno potuto porre ad esse rimedio né comunque operare normalmente per prevenirle; tale sostegno avveniva assegnando all’imprenditore un arco di cinque anni nel quale egli avrebbe potuto esimersi dalle normali conseguenze della perdita di capitale, e pertanto recuperare la perdita, e ciò alle sole condizioni della solerzia nella trasparenza. La prima condizione richiede che all’emergere della perdita la società deliberasse “senza indugio” se avvalersi del beneficio del quinquennio; e, quindi, richiede che l’amministratore convochi l’assemblea “senza indugio”, e con adeguata informazione, in modo da potere poi esporre nella pubblicità societaria la decisione della assemblea di avvalersi del beneficio. La seconda condizione richiede che la perdita sia distintamente evidenziata nella nota integrativa, e quindi che sia chiaramente palesato nel bilancio il dato della perdita emersa nell’anno, con l’ulteriore indicazione non solo dell’origine delle perdite, ma con l’indicazione anche delle movimentazioni intervenute nell’esercizio, aspetto, quest’ultimo, che sembra riguardare più che altro l’andamento della perdita negli anni successivi al primo. Il tutto chiaramente finalizzato a che gli operatori di mercato possano verificare, dalle deliberazioni assembleari assunte senza indugio, e dai bilanci, la motivazione iniziale sulla causa, e poi l’andamento del recupero o dell’aggravamento della perdita negli anni successivi. In mancanza del rispetto di queste condizioni, l’esenzione da obblighi e responsabilità non opera. (Redazione – Riproduzione riservata)