Penale: bancarotta fraudolenta; valore della cosa giudicata penale; nessuna efficacia vincolante nei confronti dei coimputati; nessun automatismo nel recepimento di sentenze.
Corte di Cassazione, sez. I pen., 15 dicembre 2015, n. 11140 (dep. 16 marzo 2016). Presidente: NOVIK; Relatore: ROCCHI.
Il giudice della cognizione chiamato a valutare una singola posizione prescinde del tutto dalla possibile insorgenza di contrasti di giudicati che possano dar luogo a richieste di revisione: il valore della cosa giudicata penale, risolvendosi nella regola, di natura strettamente processuale e a contenuto negativo, del divieto di un secondo giudizio (art. 649 c.p.p.) esplica una funzione di garanzia per la persona imputata e ne postula l’identità con il soggetto già irrevocabilmente condannato o prosciolto. Di talché la preclusione derivante dal giudicato penale nei confronti di un determinato imputato per un certo fatto non esplica alcuna efficacia vincolante nei confronti dei coimputati per i quali si sia proceduto separatamente, neppure se concorrenti nello stesso reato, a cagione dell’autonomia dei singoli rapporti processuali concernenti ciascun imputato, con la conseguente possibilità di una diversa valutazione dello stesso fatto da parte di più giudici, dandosi esclusivamente luogo ad un’ipotesi di revisione della sentenza di condanna in caso d’inconciliabilità dei “fatti stabiliti a fondamento” della stessa rispetto a quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile a norma dell’art. 630 comma 1 lett. a) c.p.p. (Alberto Berardi e Arturo Toppan) (Riproduzione riservata).
L’acquisizione agli atti del procedimento di cui all’art. 238.bis c.p.p. di sentenze divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di detto procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell’utilizzazione a fini decisori dei fatti, né, tanto meno, dei giudizi di fatto contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione delle suddette sentenze, dovendosi al contrario ritenere che quel giudice conservi integra l’autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate. (Alberto Berardi e Arturo Toppan) (Riproduzione riservata).
Il contrasto di giudicati rilevante ai fini della revocabilità di un provvedimento definitivo non ricorre nell’ipotesi in cui lo stesso verta sulla valutazione giuridica attribuita agli stessi fatti dai due diversi giudici; il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’art. 630, comma primo, lett. a) c.p.p. non deve essere inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni, ma con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui si fondano le diverse sentenze, fatti che devono essere “stabiliti a fondamento della sentenza”; infine, occorre che il compendio probatorio sul quale si è basata la sentenza di condanna impugnata sia irrimediabilmente compromesso. (Alberto Berardi e Arturo Toppan) (Riproduzione riservata).