Societario: finanziamenti dei soci; categorie e diversa natura; ipotesi di vendita della partecipazione; conseguenze.
Corte di Cassazione, sez. I civ., 14 maggio 2015, n. 16049 (dep. 29 luglio 2015). Presidente: FORTE; Relatore: NAZZICONE.
Nella cessione del credito l'obbligazione di garanzia ex articolo 1266 cc è accessoria, costituisce un effetto naturale del contratto e ha la funzione di assicurare comunque il ristoro dell'interesse positivo del cessionario alla cessione nei casi in cui l'effetto traslativo del contratto manchi; nella prassi si distingue tra finanziamenti dei soci, i versamenti a fondo perduto ed i versamenti finalizzati ad un futuro aumento di capitale. I primi sono veri e propri mutui: derivano da un contratto a forma libera tra socio e società, vanno iscritti al passivo dello stato patrimoniale, tra i debiti verso soci. Il socio che cede la quota, conserva la titolarità del credito (finanziamento) come singolo. I versamenti del secondo tipo non hanno la natura di un mutuo perché non ne è pattuito il rimborso. Vengono iscritti nel passivo dello stato patrimoniale tra le riserve, che l'assemblea può discrezionalmente utilizzare per ripianare le perdite o aumentare gratuitamente il capitale, imputando gli importi a ciascun socio proporzionalmente alla partecipazione al capitale sociale. I versamenti a fondo perduto in conto capitale non generano alcun credito alla restituzione delle somme: essi sono quindi da assimilare al capitale di rischio, ed il diritto alla restituzione sussiste nell'ambito della liquidazione sociale, qualora vi sia un residuo da distribuire ai soci dopo aver pagato tutti i creditori. I versamenti finalizzati ad un futuro aumento del capitale, qualora l'aumento del capitale sociale non avvenga, vanno restituiti al socio, ma non come rimborso di una somma data mutuo, bensì perché, non avvenendo l'aumento del capitale sociale, viene meno la causa giustificativa dell'attribuzione patrimoniale eseguita in favore della società. (Redazione) (Riproduzione riservata).