Fallimento: inopponibilità decreto ingiuntivo; compatibilità esclusione con principio di uguaglianza e normativa comunitaria.

Corte di Cassazione, sez. I civ., 3 aprile 2014, n. 14783 (dep. 30 giugno 2014). Presidente: CECCHERINI; Relatore: DE CHIARA.

 

 In assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c. Tale funzione svolta dal giudice “si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall'art. 124 o dall'art. 153 disp. att. c.p.c. e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio, che si pone come ultimo atto del giudice all'interno del processo d'ingiunzione e a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo”; conseguentemente il decreto ingiuntivo non munito del decreto di esecutorietà prima della dichiarazione di fallimento del debitore, non essendo passato in cosa giudicata formale e sostanziale non è opponibile al fallimento stesso, neppure nell'ipotesi in cui il decreto di cui all'art. 647 c.p.c. venga emesso successivamente, considerato che, intervenuto il fallimento, ogni credito deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell’art. 52 L.F.; "nessuna irragionevole disparità è configurabile rispetto al trattamento riservato al creditore munito di sentenza favorevole non passata in giudicato, considerata la sostanziale differenza delle fattispecie, posto che nel caso della sentenza la fondamentale esigenza di verifica della regolarità contraddittorio da parte del giudice è stata già soddisfatta nel processo, ciò che invece non può dirsi quanto al procedimento monitorio prima che sia compiuto l'accertamento di cui all'art. 647 c.p.c."; Inoltre sussiste la piena compatibilità con il principio di uguaglianza e con il diritto a un ricorso effettivo proclamati, rispettivamente, dagli artt. 20 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, dato che l'art. 51 della Carta dei dirittifondamentali dell'Unione stabilisce che le disposizioni della stessa si applicano agliStati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione e, secondo la Cortedi giustizia, ciò si verifica esclusivamente allorché la normativa nazionale si collocanell'ambito del diritto dell'Unione, al quale è invece estranea la materia fallimentare. (Redazione) (Riproduzione riservata).