Fallimento: trust liquidatorio; elusione della disciplina concorsuale; fallimento entro anno dalla cancellazione.

Corte di Cassazione, 7 febbraio 2014, n. 10105 (dep. 9 maggio 2014). Presidente: VITRONE; Relatore: NAZZICONE.

Il caso trattato dalla Suprema corte riguarda una società che, dopo il formale stato di liquidazione, istituiva un trust liquidatorio nel quale devolveva l’intera azienda. I beneficiari del trust erano gli stessi creditori della società ma il successivo fallimento rendeva inefficace il trust in quanto, come asserito dalla Corte d’Appello, utilizzato per eludere la disciplina concorsuale, tenuto conto della successiva cancellazione della società dal registro delle imprese. Con ricorso in Cassazione, si riteneva innanzitutto invalida la notificazione dell’istanza al liquidatore della società perché si asseriva che quest’ultimo era ormai privo di collegamento con la società estinta; di poi si obiettava la violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c. per non essere stato convocato nel procedimento anche il trust e, infine, si contestava la dichiarazione di invalidità del trust e l’omessa motivazione sui fatti comprovanti la liceità del trust. Sul primo profilo, la Cassazione ha confermato che qualora il fallimento venga dichiarato entro un anno dalla cancellazione, la società, in persona del legale rappresentante, continua ad essere destinataria della sentenza dichiarativa di fallimento e delle successive vicende impugnatorie. Relativamente alla questione del trust, la Suprema Corte ha innanzitutto osservato che il trust non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità ed il trustee è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante di un soggetto (che non esiste), ma come soggetto che dispone del diritto. L’effetto proprio del trust validamente costituito è dunque quello non di dar vita ad un nuovo soggetto, ma unicamente di istituire un patrimonio destinato al fine prestabilito. Il caso di specie è costituito dal trust liquidatorio sul quale la Cassazione non si era ancora pronunciata. In generale, i giudici di merito hanno già ritenuto nullo tale genere di trust, ai sensi dell’art. 1418 c.c., allorché abbia l’effetto di sottrarre, agli organi della procedura fallimentare, la liquidazione dei beni in contrasto con le norme imperative concorsuali, secondo le regole di esclusione espresse dall’art. 13 e dall’art. 15, lett. e), della convenzione dell’Aja del 01.07.1985. Con tale sentenza, la Cassazione conferma che qualora la causa concreta del regolamento in trust sia quella di segregare tutti i beni dell’impresa, a scapito delle forme pubblicistiche quale il fallimento, il trust assume un carattere anti-concorsuale che non può essere ammesso. Di conseguenza, il giudice che pronuncia la sentenza di fallimento provvede incidenter tantum al disconoscimento del trust liquidatorio, il quale finisce per eludere artificiosamente le disposizioni concorsuali sottraendo al curatore la disponibilità dell’attivo societario. Accertata la non riconoscibilità, lo strumento non produce alcun effetto giuridico nel nostro ordinamento restando tamquam non esset. Pertanto, il trust deve essere disconosciuto dal giudice di merito ogni volta che sia dichiarato il fallimento ove l’insolvenza preesista all’atto istitutivo. Dalla dichiarazione di fallimento deriva l’integrale non riconoscimento del trust ai sensi dell’art. 15, comma I, lett. e) della Convenzione dell’Aja. (Nota di Luca Cosentino) (Riproduzione riservata)